Si abbozza il ritorno all’equilibrio naturale

Gli esseri umani sono talmente numerosi che si avvicina il momento in cui la Terra non potrà più farli vivere in così gran numero.

Poiché è un’utopia pensare che gli uomini possano stabilirsi rapidamente su un altro pianeta la popolazione umana diminuirà inesorabilmente come qualsiasi altra specie posta in uno spazio limitato. Da questo punto di vista, gli uomini reagiranno come dei batteri che, posti in una scatola di Petri, non proliferano più quando finisce il loro ambiente di coltura. Come ogni specie animale che si mette a pullulare in un ambiente favorevole, l’accrescimento del numero di individui non può essere infinito. Dopo il picco, lo slancio degli effettivi segue una discesa rapida e una stabilità debole. L’esempio storico per illustrare questo fenomeno è quello dei conigli che hanno devastato l’Australia nel XIX secolo. Nel 1859 Thomas Austin, un inglese trasferito in Australia ha importato 12 coppie di conigli. In pochi anni, senza alcun predatore che regolasse il loro numero, i conigli sono diventati parecchie centinaia di milioni e sono stati all’origine di una delle peggiori catastrofi conosciute nel Paese. Solo dopo aver esaurito la flora dell’immensa isola, il loro numero é stato ricondotto a un livello accettabile.

La Terra ha 4,5 miliardi di anni. Negli oceani, protette dallo strato nuvoloso dei raggi ultravioletti, le prime tracce di vita unicellulare appaiono 4 miliardi di anni fa; circa 500 milioni di anni fa i primi animali terrestri abbandonano il mondo marino. I dinosauri dominano la Terra 250 milioni di anni più tardi poi scompaiono 65 milioni di anni fa. Nella scala dei tempi geologici, l’apparizione dell’uomo (homo sapiens) è molto recente: i suoi primi passi sulla terra appaiono precisamente 200 000 anni fa. Il boom attuale della popolazione è un epifenomeno prima del ritorno all’equilibrio naturale. Il problema è di sapere a che livello la popolazione umana finirà con lo stabilizzarsi tenuto conto delle risorse finite del Pianeta e del desiderio legittimo degli umani di vivere meglio possibile?

La risposta è difficile poiché l’equilibrio durevole dipende dalle risorse disponibili del pianeta e dal livello tecnologico in cui si trova l’umanità. D’altronde l’uomo è sul punto di essere in grado di modificare il proprio contenuto genetico, di agire sulla propria natura e di operare una simbiosi con le macchine. L’Homo sapiens può dunque cambiare l’essenza e sfuggire alle leggi della selezione naturale “macchinizzandosi”.
Ciò complica ancora di più la proiezione delle prospettive del suo avvenire.

Tentiamo tuttavia un’ipotesi. Se il numero dei bambini di ciascuna donna si mantiene durevolmente al livello di quello attualmente conosciuto in Europa (1,6) e che sembra essere il tasso verso il quale convergono tutte le società alla fine del secolo, ciò significa ben presto una diminuzione della popolazione dell’ordine dello 0,7% all’anno. Per il gioco di una meccanica di interesse composto, questo debole tasso di decrescita ci porta, malgrado tutto, a passare da una popolazione planetaria di 11 miliardi alla fine del XXI secolo a soli 200 milioni di terrestri verso il 2500: un abbassamento del 98%.

La nostra ipotesi è che la popolazione del mondo si stabilizzerà a questo livello. Essa ritroverà quindi l’effettivo che le apparteneva per dei secoli durante il primo millennio della nostra era.
Sulla scala dei tempi geologici, la brusca crescita della popolazione seguita dal suo crollo si presenta come un picco fuggitivo sulla cornice cronologica della storia umana.
Al sorgere della vita umana, il riflusso si ripartirà su un periodo sufficientemente lungo di molti secoli perché la nostra specie si possa adattare. Vedremo nel seguito di questo testo che i prossimi decenni saranno cruciali in questo processo. Lo sfruttamento eccessivo delle risorse e i danni all’ambiente renderanno ineluttabile il recesso demografico e lo accelerano. Tuttavia questo ritorno a un equilibrio naturale della popolazione non sarà una catastrofe. Al contrario, si apriranno delle nuove prospettive a lungo termine, grazie alla tecnologia, per quanto poco emerga una coscienza planetaria e a un’altra visione della natura di cui la specie umana fa intimamente parte.